Da "vergogna nazionale" a patrimonio Unesco, i Sassi colpiscono il visitatore per la singolare bellezza
di Jenny Bassa
Può una città definirsi magnetica? Dopo aver visitato Matera,
direi di sì. Addirittura io potrei dire di esserne stregata: il
desiderio di andarci era talmente forte che una notte me la sognai pure
(un sogno tormentato, a dire il vero) e appena me la sono lasciata alle
spalle, una decina di giorni fa, ho sentito - e sento tuttora - la
necessità di tornarci il prima possibile, nonostante i 900 chilometri di
distanza.
di Jenny Bassa
Matera, tuttavia, con i suoi antichi rioni, il Sasso Barisano e il Sasso Caveoso, non
può essere definita bella nel senso classico del termine. Non è
sontuosa come Vicenza o Lecce, né pittoresca come Siena o Amalfi. Matera
è di quella bellezza un po' sghemba, di quel fascino sinistro quasi,
che la fa somigliare ad una bella ragazza con un accentuato strabismo di
Venere. Una bellezza imperfetta, quindi, ma non comune, che lascia il
segno.

In
poco più di 60 anni, quindi, la città dei Sassi ha prima toccato il
fondo di una storia ultramillenaria e poi ha via via risalito la china,
ha compreso il proprio altissimo potenziale e si sta ora riscattando in
chiave turistico-culturale.
Il
mio primo impatto con la città vecchia è stato folgorante. Dopo aver
attraversato in auto la parte più moderna di Matera, su un pianoro, ho
raggiunto a piedi piazza Vittorio Veneto, dove, quasi
per caso, mi sono affacciata al belvedere. Da non credere. Senza
soluzione di continuità, complice il dirupo che rivestono, hanno invaso
il mio campo visivo porzioni di case (il resto è scavato nella pietra),
comignoli, tetti, finestre, porte, scalinate. Come scrisse Carlo Levi
a proposito dei Sassi in "Cristo si è fermato a Eboli", nei primi anni
Quaranta del secolo scorso, "… in quello stretto spazio fra le facciate e
il declivio passano le strade, e sono insieme pavimenti per chi esce
dalle abitazioni di sopra e tetti per quelle di sotto". O come
riportavano già nel 1500 le cronache a proposito dei contadini, che
all'imbrunire usavano accendere dei lumi fuori dalle abitazioni,
cosicché a chi guardava i Sassi dall'alto, pareva di vedere un cielo
stellato sotto ai propri piedi.