mercoledì 21 maggio 2014

Un lamento che mette il buonumore

di Jenny Bassa

A volte par un aereo, a volte un motorino, altre ancora una Bcs che fatica a partire, ma più spesso par un lamento continuo. Lo sento tutte le mattine, alle mie spalle. Dopo la prima volta, non mi son voltata più. Non ne sono spaventata, no. Neanche infastidita. E non sono pazza: il suono è reale, anche se nessuno, in bus, par farci caso. A me mette addirittura il buonumore.
È un ragazzo down, chitarra sul sedile a fianco, che "canticchia" quanto sente dai suoi auricolari rossi. Che bella la vita!

sabato 17 maggio 2014

Il nuovo enigmatico passeggero

di Jenny Bassa

C'è un uomo che viaggia nel mio bus che mi inquieta. Sarà per quel mazzo di chiavi che agita di continuo, compulsivamente. Sarà perché così dà fastidio a un bel po' di passeggeri attorno, ma lui non se n'accorge.
È comparso solo da qualche giorno: i pendolari di lungo corso, in silenzio, si riconoscono tra loro e notano subito una faccia nuova. Avrà 60 anni, ha i capelli brizzolati, corti, dritti e ribelli, la carnagione scura, il viso quadrato, il naso corto... un po' pugile, insomma.
La giacca scura è abbondante sulle spalle e i pantaloni gli si appiccicano alle calze quando cammina, testa bassa e borsello in pelle a tracolla.
Una mattina si è seduto nel posto a fianco al mio e mi ha subito rivolto la parola: "Già al lavoro, eh?", mi dice, facendo cenno con la testa all'ipad acceso sulle mie gambe. "Non proprio, in realtà...", gli rispondo, destandomi per un attimo dal mio usuale torpore mattutino, quasi infastidita, come se mi avesse rotto con un dito la bolla di sapone in cui stavo tanto bene.
"Dev'essere molto utile...", riattacca dopo un istante, continuando a guardare verso lo schermo. "Per un pendolare senz'altro", gli rispondo senza alzare lo sguardo per non dare troppa corda. Da lì non ci parleremo più, ma i suoi occhi più volte guarderanno il mio ipad.

giovedì 1 maggio 2014

SAHARA: una sorprendente Tunisia in 4x4 (5-12 aprile 2014)

di Jenny Bassa

5 aprile 2014
Da Tunisi a Douz attraversando l'entroterra

Atterriamo a Tunisi dopo due ore dal decollo a Milano Malpensa e per prima cosa spostiamo indietro di 60 minuti le lancette dell'orologio: in Tunisia l'ora è soltanto solare. Ci attende un minibus diretto a Douz, cittadina di quasi 30 mila abitanti nel sud della Tunisia, definita "la porta del Sahara", dove dormiremo alcune notti, prima e dopo i tre giorni nel deserto.

Che si sia alle porte del Grand Erg (il mare di sabbia) lo si capisce fin dalla capitale: tutto appare impolverato, le auto soprattutto, dentro e fuori. Ma non è polvere. E' il fesh fesh, sabbia sottilissima proveniente dal Sahara, che impalpabile quanto il borotalco non ci lascerà più durante tutto il viaggio. Anzi, ce la ritroveremo in valigia anche una volta tornati a casa.   
   
Ma lasciata alle spalle la capitale da oltre 700 mila abitanti, con le sue grosse arterie lungo le quali sventolano, alte, innumerevoli bandiere rosse nazionali, i colori si impongono con tutto il loro calore, nonostante il cielo sia coperto di nuvole. Se davanti infatti ci precede una lunga e grigia striscia d'asfalto, ai lati sfilano ampie piantagioni di viti e ulivi, e campi di frumento recintati da filari di fichi d'India coi loro simpatici frutti rossi come posticci nasi di clown.

Sono seduta davanti, a fianco dell'autista, Alì, di Douz. Peccato non saper parlare il francese, che qui parlano praticamente tutti, oltre ad un dialetto dell'arabo: in Tunisia infatti l'inglese serve a poco o a nulla. Anzi, è più facile incontrare tunisini che parlano italiano. Non Alì, purtroppo, con il quale riesco tuttavia a comunicare qualcosa. Scopro così che Douz dista da Tunisi circa 550 chilometri e che ci vorranno circa 7 ore per raggiungerla. Uno scherzo, dunque, in confronto alle 22 ore in bus fatte lo scorso novembre per attraversare la Patagonia.

Intanto capiamo perché i nostri sedili sono tutti rivestiti alla bell'e meglio di sacchi celesti, quelli della spazzatura, fissati con il nastro adesivo. Massimiliano, il tour leader (Horizon Travel), si era infatti raccomandato che il pulmino venisse non solo pulito, ma anche lavato, visto che avrebbe trasportato solo donne, 14 per l'esattezza. Peccato, però, che i sedili risultassero ancora umidi quando siamo arrivate, così gli incaricati hanno improvvisato la soluzione dei sacchi di plastica, che tutte abbiamo comunque apprezzato.

Qui, del resto, siamo in Africa: c'è poco dello standardizzato, del massificato e dell'industrializzato cui siamo ormai assuefatti noi occidentali. Si avverte anzi la sensazione che ogni situazione sia a sé stante, irripetibile, unica. E noi non stiamo andando né in un villaggio turistico né in crociera. E' un viaggio on the road il nostro, che per definizione ha un margine di imprevedibilità, ovvero proprio quel quid in più che lo rende speciale fin sulla carta. L'importante è affidarsi a professionisti, come si sono dimostrati i nostri accompagnatori in ogni circostanza.