sabato 23 agosto 2014

MATERA, il magnetismo di una città antica aggrappata a un burrone

Da "vergogna nazionale" a patrimonio Unesco, i Sassi colpiscono il visitatore per la singolare bellezza

di Jenny Bassa

Può una città definirsi magnetica? Dopo aver visitato Matera, direi di sì. Addirittura io potrei dire di esserne stregata: il desiderio di andarci era talmente forte che una notte me la sognai pure (un sogno tormentato, a dire il vero) e appena me la sono lasciata alle spalle, una decina di giorni fa, ho sentito - e sento tuttora - la necessità di tornarci il prima possibile, nonostante i 900 chilometri di distanza. 

Matera, tuttavia, con i suoi antichi rioni, il Sasso Barisano e il Sasso Caveoso, non può essere definita bella nel senso classico del termine. Non è sontuosa come Vicenza o Lecce, né pittoresca come Siena o Amalfi. Matera è di quella bellezza un po' sghemba, di quel fascino sinistro quasi, che la fa somigliare ad una bella ragazza con un accentuato strabismo di Venere. Una bellezza imperfetta, quindi, ma non comune, che lascia il segno. 

Sono sensazioni, del resto, che riflettono la paradossale storia della "città sotterranea" della Lucania. Da "vergogna nazionale" nel secondo dopoguerra italiano, Matera è infatti passata, nel 1993, all'iscrizione nella lista del patrimonio mondiale Unesco (primo sito dell'Italia meridionale). Dalle abitazioni trogloditiche, in cui le famiglie, a metà del secolo scorso, dividevano gli spazi con muli e pecore, la città è ora candidata al titolo di capitale europea della cultura per il 2019.
In poco più di 60 anni, quindi, la città dei Sassi ha prima toccato il fondo di una storia ultramillenaria e poi ha via via risalito la china, ha compreso il proprio altissimo potenziale e si sta ora riscattando in chiave turistico-culturale.

Il mio primo impatto con la città vecchia è stato folgorante. Dopo aver attraversato in auto la parte più moderna di Matera, su un pianoro, ho raggiunto a piedi piazza Vittorio Veneto, dove, quasi per caso, mi sono affacciata al belvedere. Da non credere. Senza soluzione di continuità, complice il dirupo che rivestono, hanno invaso il mio campo visivo porzioni di case (il resto è scavato nella pietra), comignoli, tetti, finestre, porte, scalinate. Come scrisse Carlo Levi a proposito dei Sassi in "Cristo si è fermato a Eboli", nei primi anni Quaranta del secolo scorso, "… in quello stretto spazio fra le facciate e il declivio passano le strade, e sono insieme pavimenti per chi esce dalle abitazioni di sopra e tetti per quelle di sotto". O come riportavano già nel 1500 le cronache a proposito dei contadini, che all'imbrunire usavano accendere dei lumi fuori dalle abitazioni, cosicché a chi guardava i Sassi dall'alto, pareva di vedere un cielo stellato sotto ai propri piedi.

mercoledì 6 agosto 2014

IRLANDA, lungo la Wild Atlantic Way nord-occidentale

Alla scoperta di un angolo poco conosciuto dell'isola di smeraldo, dalle spiagge dei surfisti alle imponenti scogliere di Slieve League e di Achill Island, attraverso curiosi rilievi con "capezzoli" e a forma di incudine 

di Jenny Bassa

Contea Donegal
C'è una parte d'Irlanda per fortuna ancora snobbata dal turismo di massa, che ho avuto la fortuna di visitare nei giorni scorsi. Io stessa probabilmente non ci sarei mai stata, se lì non vi abitassero da poco più di un anno due cugini, di cui uno si è pure sposato di recente con una ragazza del posto.
Mi riferisco alla costa nord-occidentale dell'isola, a cavallo tra le contee di Mayo, Sligo e Donegal.
In Irlanda c'ero già stata sette anni fa, e guarda caso nella stessa costa atlantica, ma a sud: a bordo di un pulmino Wolkswagen, assieme al mio compagno e ad altri sei amici, battei a tappeto il Ring of Kerry, la penisola di Dingle, il Burren e il Connemara, arrivando così subito sotto al punto più a sud visitato in questo secondo viaggio.
E se allora l'Irlanda mi parve meravigliosamente dolce e accogliente nel paesaggio, stavolta l'isola mi ha svelato una faccia molto selvaggia, aspra e drammatica. Complici senz'altro anche le differenti condizioni meteo trovate: nel 2007, cinque giorni di fine aprile di eccezionale bel tempo; quest'anno cinque giorni a cavallo tra luglio e agosto di tempo variabile tendente al brutto, cioè il classico tempo irlandese. Solo che in Irlanda, quando si passa alla modalità "sunny", par di assistere all'accensione delle luci in un presepio, da quanto i colori di colpo passino da un indistinto e monotono grigiore a verdi così brillanti da sfiorare la fosforescenza (di qui la felice definizione di "isola smeralda"). Ad ogni modo, grazie ad ampie schiarite al momento giusto e grazie ad un'auto noleggiata all'aeroporto di Knock, sono riuscita anche stavolta a raggiungere e a godere alcune incantevoli mete naturalistiche a nord e a sud di Sligo, lungo la Ireland's Wild Atlantic Way (video promozionale).

martedì 29 luglio 2014

Maltempo a Caltrano: immagini e video (29 luglio 2014)

di Jenny Bassa

Foto e video da Caltrano (Vicenza), dove stamattina, lungo una via residenziale, si è riversato un fiume di acqua, fango e sassi, dopo una notte intera di pioggia abbondante.

Link al video (YouTube)


via Braglio

via san Lorenzo

Acqua, fango e sassi tra le villette: scene da maltempo

di Jenny Bassa

Foto e video da Caltrano (Vicenza), dove stamattina, lungo una via residenziale, si è riversato un fiume di acqua, fango e sassi, dopo una notte intera di pioggia abbondante.

Album fotografico

Video (YouTube)

Già da lontano si sente il fragore. Par proprio quello di un fiume, impetuoso. Ma è impossibile: qui non ci sono fiumi né torrenti. Poi però vediamo alcune persone, ferme in mezzo alla strada, mentre guardano davanti a loro. Capiamo che la via è chiusa: nel rettilineo che corre in discesa davanti a noi distinguiamo infatti alcuni mezzi della protezione civile, i quali, muovendosi lenti verso di noi, sollevano due alte ali d'acqua marrone. Ok, ora è chiaro: la strada è allagata.
Nel frattempo siamo arrivati al crocchio di persone. Stanno guadando alla loro sinistra: a monte, in via Braglio, sta scendendo un fiume d'acqua incanalato tra i muretti di recinzione delle abitazioni che si affacciano sulla strada asfaltata. E' acqua mista a fango, che corre giù velocissima, di qui il fragore che sentivamo.
Due ruspe stanno spostando i detriti portati a valle dal torrente. Anzi, li stanno accumulando proprio dalla nostra parte per creare un alto argine in grado di deviare la corrente dalle case poste ad un livello più basso.
Copertoni di tutte le misure, ruote di giocattoli e tricicli, fustini, taniche e ferri arrugginiti, sacchetti di plastica… Le benne sollevano quintalate di sassi e rifiuti di ogni genere. 

lunedì 28 luglio 2014

giovedì 17 luglio 2014

La pazza e i pecoroni

di Jenny Bassa


Lo spazio tra il palco e la platea, l'altra sera, era tutto suo. Se l'è preso, d'impeto, arrivando come un tornado che non t'aspetti. Saltava, cantava, ballava in vortici indemoniati. Sì, sembrava posseduta. Dalla musica di una cover band chiamata a intrattenere il pubblico di una sagra paesana.

Corpulenta, sulla quarantina, capelli mossi, ribelli pure loro, si lasciava condurre tarantolata nient'altro che dalla musica, al punto da togliersi le zeppe pur di ballare, sull'asfalto, a piedi nudi, libera come il vento, incurante di noi che la stavamo a guardare tra l'incuriosito e il divertito; i più, di certo, etichettandola per una pazza scatenata.

Fasciata in un abitino fantasia al ginocchio, non era poi affatto goffa. Anzi, sprizzava energia e gioia da tutti i pori, addirittura più di tutti quei bambini messi assieme che hanno interrotto le loro scorribande ai bordi della platea, per lasciarsi ipnotizzare da quel ciclone assatanato.

lunedì 7 luglio 2014

Un pozzo di storie invisibili racchiuse tra due date: il cimitero

di Jenny Bassa

Non è poi tanto male frequentare il cimitero. Con somma sorpresa, ho scoperto che potrei passarci delle ore, io, tra le tombe. Soprattutto se nei dintorni non c'è nessuno. Anzi, chissà cos'avranno pensato quelle due uniche donne incrociate ieri, all'ora di pranzo di una domenica estiva minacciata dalla pioggia, quando mi hanno visto indugiare davanti a svariate lapidi, a volte zigzagando tra una e l'altra per vedere meglio le foto o le scritte semi nascoste da vasi, fiori, tempietti, colonnine e statue.

Negli ultimi dieci giorni sono stata al cimitero più volte che in tutto il resto della mia vita, a causa della dipartita di mia nonna. E' probabile - ne sono consapevole - che lei, o il suo spirito, non mi veda e non mi senta, e infatti a volte mi chiedo che senso abbia recarsi lì. Del resto, la foto - bellissima, di lei sorridente - a casa ce l'ho e la vedo ogni mattina e ogni volta che scelgo o depongo gli orecchini. A pensarla, poi, non serve certo che mi sforzi: il suo ricordo mi assale spesso, soprattutto quando sono sola, magari in bus, tornando dal lavoro, mentre guardo lontano, fuori dal finestrino.
Allora, mi chiedo, a che serve raccogliersi davanti ad una lapide? Qualche metro sotto, certo, c'è la sua salma. Ma non mia nonna, che per me se n'è andata ancora in ospedale, e ben due giorni prima che il suo debole cuore cessasse di battere per sempre, lasciando sul letto nient'altro che un simulacro: è stato quello infatti il giorno più doloroso per me, quello in cui non mangiava e non beveva più, non mi stringeva più la mano e gli occhi restavano chiusi.

mercoledì 21 maggio 2014

Un lamento che mette il buonumore

di Jenny Bassa

A volte par un aereo, a volte un motorino, altre ancora una Bcs che fatica a partire, ma più spesso par un lamento continuo. Lo sento tutte le mattine, alle mie spalle. Dopo la prima volta, non mi son voltata più. Non ne sono spaventata, no. Neanche infastidita. E non sono pazza: il suono è reale, anche se nessuno, in bus, par farci caso. A me mette addirittura il buonumore.
È un ragazzo down, chitarra sul sedile a fianco, che "canticchia" quanto sente dai suoi auricolari rossi. Che bella la vita!

sabato 17 maggio 2014

Il nuovo enigmatico passeggero

di Jenny Bassa

C'è un uomo che viaggia nel mio bus che mi inquieta. Sarà per quel mazzo di chiavi che agita di continuo, compulsivamente. Sarà perché così dà fastidio a un bel po' di passeggeri attorno, ma lui non se n'accorge.
È comparso solo da qualche giorno: i pendolari di lungo corso, in silenzio, si riconoscono tra loro e notano subito una faccia nuova. Avrà 60 anni, ha i capelli brizzolati, corti, dritti e ribelli, la carnagione scura, il viso quadrato, il naso corto... un po' pugile, insomma.
La giacca scura è abbondante sulle spalle e i pantaloni gli si appiccicano alle calze quando cammina, testa bassa e borsello in pelle a tracolla.
Una mattina si è seduto nel posto a fianco al mio e mi ha subito rivolto la parola: "Già al lavoro, eh?", mi dice, facendo cenno con la testa all'ipad acceso sulle mie gambe. "Non proprio, in realtà...", gli rispondo, destandomi per un attimo dal mio usuale torpore mattutino, quasi infastidita, come se mi avesse rotto con un dito la bolla di sapone in cui stavo tanto bene.
"Dev'essere molto utile...", riattacca dopo un istante, continuando a guardare verso lo schermo. "Per un pendolare senz'altro", gli rispondo senza alzare lo sguardo per non dare troppa corda. Da lì non ci parleremo più, ma i suoi occhi più volte guarderanno il mio ipad.

giovedì 1 maggio 2014

SAHARA: una sorprendente Tunisia in 4x4 (5-12 aprile 2014)

di Jenny Bassa

5 aprile 2014
Da Tunisi a Douz attraversando l'entroterra

Atterriamo a Tunisi dopo due ore dal decollo a Milano Malpensa e per prima cosa spostiamo indietro di 60 minuti le lancette dell'orologio: in Tunisia l'ora è soltanto solare. Ci attende un minibus diretto a Douz, cittadina di quasi 30 mila abitanti nel sud della Tunisia, definita "la porta del Sahara", dove dormiremo alcune notti, prima e dopo i tre giorni nel deserto.

Che si sia alle porte del Grand Erg (il mare di sabbia) lo si capisce fin dalla capitale: tutto appare impolverato, le auto soprattutto, dentro e fuori. Ma non è polvere. E' il fesh fesh, sabbia sottilissima proveniente dal Sahara, che impalpabile quanto il borotalco non ci lascerà più durante tutto il viaggio. Anzi, ce la ritroveremo in valigia anche una volta tornati a casa.   
   
Ma lasciata alle spalle la capitale da oltre 700 mila abitanti, con le sue grosse arterie lungo le quali sventolano, alte, innumerevoli bandiere rosse nazionali, i colori si impongono con tutto il loro calore, nonostante il cielo sia coperto di nuvole. Se davanti infatti ci precede una lunga e grigia striscia d'asfalto, ai lati sfilano ampie piantagioni di viti e ulivi, e campi di frumento recintati da filari di fichi d'India coi loro simpatici frutti rossi come posticci nasi di clown.

Sono seduta davanti, a fianco dell'autista, Alì, di Douz. Peccato non saper parlare il francese, che qui parlano praticamente tutti, oltre ad un dialetto dell'arabo: in Tunisia infatti l'inglese serve a poco o a nulla. Anzi, è più facile incontrare tunisini che parlano italiano. Non Alì, purtroppo, con il quale riesco tuttavia a comunicare qualcosa. Scopro così che Douz dista da Tunisi circa 550 chilometri e che ci vorranno circa 7 ore per raggiungerla. Uno scherzo, dunque, in confronto alle 22 ore in bus fatte lo scorso novembre per attraversare la Patagonia.

Intanto capiamo perché i nostri sedili sono tutti rivestiti alla bell'e meglio di sacchi celesti, quelli della spazzatura, fissati con il nastro adesivo. Massimiliano, il tour leader (Horizon Travel), si era infatti raccomandato che il pulmino venisse non solo pulito, ma anche lavato, visto che avrebbe trasportato solo donne, 14 per l'esattezza. Peccato, però, che i sedili risultassero ancora umidi quando siamo arrivate, così gli incaricati hanno improvvisato la soluzione dei sacchi di plastica, che tutte abbiamo comunque apprezzato.

Qui, del resto, siamo in Africa: c'è poco dello standardizzato, del massificato e dell'industrializzato cui siamo ormai assuefatti noi occidentali. Si avverte anzi la sensazione che ogni situazione sia a sé stante, irripetibile, unica. E noi non stiamo andando né in un villaggio turistico né in crociera. E' un viaggio on the road il nostro, che per definizione ha un margine di imprevedibilità, ovvero proprio quel quid in più che lo rende speciale fin sulla carta. L'importante è affidarsi a professionisti, come si sono dimostrati i nostri accompagnatori in ogni circostanza.

domenica 30 marzo 2014

SAHARA, cosa portarsi nel deserto: consigli per bagaglio, calzature, abbigliamento, protezioni e tecnologia

di Jenny Bassa

Tra una settimana esatta mi starò trasferendo nel deserto del Sahara tunisino per un raid in 4x4. Saremo un gruppo organizzato di 13 persone e, accompagnatori a parte, sarà per tutti la prima volta nel deserto sahariano.
L'inconsueta meta non poteva far sorgere, negli ultimi giorni, il tema "come mi vesto - cosa porto", che ha avuto il suo culmine ieri sera in una cena pre-partenza tra alcuni partecipanti.
Di seguito condivido quanto emerso, grazie ai preziosi consigli e suggerimenti di chi ci farà da guida in quest'avventura (Horizon Viaggi).

Posto che il raid nel Grande Erg Orientale sarà di tre giorni (e due notti in accampamento), lasceremo il bagaglio in hotel, salvo portarci il necessaire in uno zaino da circa 20 litri. I 4x4 infatti dovranno trasportare innanzitutto vettovaglie e l'occorrente per l'accampamento.  
In sostanza lo zainetto da portarsi appresso nel Sahara sarà grossomodo il bagaglio a mano che ciascuno porterà in cabina in aereo, perché, in caso all'aeroporto il nastro trasportatore non restituisca la nostra valigia caricata in stiva, addio deserto!

domenica 23 marzo 2014

"INCROCI E LINEE CONTINUE" - Racconto segnalato alla II edizione del premio letterario Marco Pozza 2014

di Jenny Bassa

È primavera e c’è il sole. Ma sono le 7.47 e Lia è in ritardo: alle 8 parte il bus per Vicenza e da casa sua alla stazione di Thiene ci sono una decina di chilometri. Si fionda nella sua vecchia Clio “verde buttiglion” (lo stesso colore delle bottiglie da due litri del vino di suo nonno) e in men che non si dica è già in statale.
Impreca contro tutto e tutti. Soprattutto contro chi le si para davanti e procede a velocità di crociera. Tra dossi, incroci e rotatorie non riesce a superare nessuno. Finalmente un rettilineo fa al caso suo: l’altra corsia è libera, quindi si butta fuori e la sua Clio non ha difficoltà a superare l’auto che da un paio di chilometri le fa da tappo. Bene, ora conta di farcela, basta solo un po’ di fortuna con i semafori.
Qualcosa però attira presto la sua attenzione dallo specchietto retrovisore. Sono i fari, lampeggianti, dell’auto che la segue. Cosa vuole ora questo?, si chiede Lia scocciata, senza darci troppo peso. Ma è un attimo, perché si rende subito conto che – maledizione! – quei fari lampeggianti sono di un’auto dei carabinieri ed è probabile che stiano intimando a lei, sì, proprio a lei, di accostare.
Da dove diavolo sono sbucati?, si chiede Lia, con un fremito. Un attimo prima del sorpasso, ne è sicura, nello specchietto non c’era nessuno. Ma non ha importanza, perché davanti (anzi dietro) ha un grosso problema, e non è certo il bus in partenza da Thiene.

sabato 22 marzo 2014

LAGORAI (16-21 marzo 2014): sciare sulla neve mista a sabbia del deserto


di Jenny Bassa

Sole. Tanto sole. E caldo. Troppo caldo. Giornate così miti, da queste parti, sono soliti averle a fine aprile, primi di maggio. Mica a metà marzo: come ieri, quando si son toccati addirittura i 13-14 gradi, a oltre 1600 metri sul livello del mare. 
"Ma prendiamo quello che viene, non abbiamo scelta", ha chiosato con dignitosa rassegnazione l'albergatrice dell'hotel Passo Brocon, dopo averci raccontato che un febbraio così piovoso non lo avevano visto mai: "Anzi - ha aggiunto, senza mai piangersi addosso, come tutti qui, sulla stagione difficile -, febbraio è notoriamente il mese più freddo, con temperature anche di 13-14 gradi sotto lo zero, ma da star bene, perché è un freddo secco".

Oltre alla pioggia, è scesa copiosa anche la neve, con cumuli sedimentati fino a oltre tre metri. Lo testimoniano i muri di neve ai lati delle strade, che incombono minacciosi sui veicoli in transito, o che ricoprono ancora i pendii più in ombra: strati su strati di precipitazioni successive, rivelati in verticale dalle nette interruzioni in corrispondenza di un masso, di un dislivello improvviso o di una catasta di tronchi, sonnecchianti sotto quelle pesanti, gelide e gocciolanti coperte bianche. 

lunedì 10 febbraio 2014

Grappoli di cristalli (10/02/2014)

Le gocce si schiantano sul parabrezza, rivelando, a grappoli, i cristalli. No, non c'è neve a bordo strada, ma basta a darmi il buonumore.

sabato 25 gennaio 2014

Cappe d'ermellino

Le montagne innevate: cosa c'è di più maestoso al mondo?
Quelle bianche sommità paiono oggi regali cappe d'ermellino.

mercoledì 22 gennaio 2014

Il monte-dinosauro: il Summano

di Jenny Bassa

Il monte Summano visto dalla strada del Costo
Che sia giorno o notte poco importa: quando stai quasi per raggiungerne i piedi, ne hai paura perché temi si possa svegliare da un momento all'altro, girarsi e spazzare via te e tutto quello che gli sta attorno per chilometri.
E' l'effetto che mi fa il monte Summano, specie se mi avvicino da sud-est, da Thiene-Zanè-Carrè, per capirci. E' lì che si percepisce l'infrangersi, di botto, della sterminata Pianura Padana contro i primi rilievi, le Prealpi. In un attimo si passa da 2-300 metri sul livello del mare a 1300.
Tanto che a chi abita sul versante nord (a Cogollo del Cengio, in particolare) la forma del Summano appare decisamente conica, ancora meglio vulcanica, di qui le persistenti leggende metropolitane per cui il monte sarebbe un vulcano spento da tempo.
Se ci fai il giro intorno però e lo osservi da Carrè, appunto, sarà perché emergono alcune protuberanze lungo i fianchi, ma par di stare alle spalle di un gigantesco animale preistorico, un dinosauro accovacciato, mentre riposa. La suggestione è peraltro alimentata da una vegetazione boscosa fitta fitta, ininterrotta e verde scuro, che par proprio il manto di una bestia selvatica.
Un monte misterioso, il Summano, che attrae lo sguardo da chilometri di distanza, da sempre. Meta di pellegrinaggi e sede di templi pagani sulla sommità, dove ora pure si trova un enorme Cristo crocifisso in metallo.

W il bus!

di Jenny Bassa

Una fobia ce l'ho anch'io: trovarmi coinvolta in un incidente stradale. Anche senza morti e feriti.
L'idea di trovarmi lì, in mezzo alla strada, con gli altri automobilisti inferociti che strombazzano perchè non riescono a passare e stan perdendo il treno o rischiano di timbrare il cartellino in ritardo. Magari a litigare su chi ha torto o ragione. Magari sotto la pioggia (con o senza ombrello non fa differenza), alle prese con il modello della constatazione amichevole (ma ce l'ho in auto? e come si compila?), perchè poi "carta canta".
L'idea di trovarmi lì, sola, confusa e infreddolita, senza sapere che pesci pigliare.
Senza contare tutto il resto, che chissà per quanto tempo occuperà tutto il mio tempo libero con gran rottura di balle: i vigili, l'assicurazione, i periti, magari l'avvocato e pure qualche accertamento sanitario.

E poi mi vengono a chiedere, stupiti, perché vado al lavoro in bus!

In bus leggo, guardo fuori dal finestrino, scrivo, ascolto musica, guardo video, sonnecchio.
In auto posso solo guidare e ascoltare musica. Ah, già: anche guardarmi dagli incidenti stradali.

venerdì 10 gennaio 2014

ARGENTINA: viaggio al fin del mundo

di Jenny Bassa


11-26 novembre 2013


Programma:
  • 11 novembre: partenza dall'aeroporto Marco Polo di Venezia (scalo a Parigi)
  • 12-13 novembre: Buenos Aires
  • 13-16 novembre: da Buenos Aires in bus fino a Puerto Madryn, da lì in auto fino a Puerto Piramides, per un safari nella penisola Valdes
  • 16 novembre: in auto fino alla pinguinera di Punta Tombo
  • 16-17 novembre: da Trelew a El Calafate in bus, passando per Rio Gallegos
  • 18 novembre: passeggiata a cavallo a El Calafate
  • 19 novembre: escursione al ghiacciaio Perito Moreno (Big Ice) 
  • 20 novembre: trasferimento in bus a El Chalten + trekking 
  • 21 novembre: trekking ai piedi del Fitz Roy e del Cerro Torre
  • 22 novembre: trasferimento in bus all'aeroporto di El Calafate; aereo per Ushuaia
  • 23 novembre: escursione al parco nazionale della Terra del Fuoco + canoeing nella Lapataia Bay
  • 24 novembre: navigazione in catamarano del Canale di Beagle fino al faro del fin del mundo + aereo per Buenos Aires
  • 25 novembre: breve visita nel centro di Buenos Aires + volo di rientro in Italia (Verona) con scalo a Parigi


DIARIO DI BORDO 
(pensando a Pigafetta, mio conterraneo)


11 novembre 2013

Sono le 19.11 dell'11 novembre e siamo in volo diretti a Parigi. Partiti puntuali da Venezia su un Airbus. Siamo giusto a metà aereo e, da pochi minuti, non vediamo nulla davanti a noi, se non le tendine grigio smorto a pieghe che la hostess - non sappiamo perchè - ha deciso di tirare come un sipario giusto davanti a noi.
In compenso, subito dopo è arrivata con il carrello delle vivande: io mi son già deliziata con quattro biscotti bretoni, i miei due più i due di Luca, che me li ha ceduti perchè avrebbe preferito mangiare salatini, come il suo vicino di posto, ma a Luca non è stata data possibilità di scelta... Ottima anche l'orange juice gentilmente offerta da Air France!
Luca comunque ha deciso che si rifarà durante lo scalo a Parigi, dove dovremo aspettare fino alle 23.20 per il volo verso Buenos Aires (BA): un paninazzo imbottito sarà il minimo. Io invece cercherò a 'sto punto di limitarmi.
Ecco una bella turbolenza. Mica la prima, per la verità. Anzi, lo stesso comandante ci ha appena pregati di star seduti e di riallacciare le cinture di sicurezza