mercoledì 6 agosto 2014

IRLANDA, lungo la Wild Atlantic Way nord-occidentale

Alla scoperta di un angolo poco conosciuto dell'isola di smeraldo, dalle spiagge dei surfisti alle imponenti scogliere di Slieve League e di Achill Island, attraverso curiosi rilievi con "capezzoli" e a forma di incudine 

di Jenny Bassa

Contea Donegal
C'è una parte d'Irlanda per fortuna ancora snobbata dal turismo di massa, che ho avuto la fortuna di visitare nei giorni scorsi. Io stessa probabilmente non ci sarei mai stata, se lì non vi abitassero da poco più di un anno due cugini, di cui uno si è pure sposato di recente con una ragazza del posto.
Mi riferisco alla costa nord-occidentale dell'isola, a cavallo tra le contee di Mayo, Sligo e Donegal.
In Irlanda c'ero già stata sette anni fa, e guarda caso nella stessa costa atlantica, ma a sud: a bordo di un pulmino Wolkswagen, assieme al mio compagno e ad altri sei amici, battei a tappeto il Ring of Kerry, la penisola di Dingle, il Burren e il Connemara, arrivando così subito sotto al punto più a sud visitato in questo secondo viaggio.
E se allora l'Irlanda mi parve meravigliosamente dolce e accogliente nel paesaggio, stavolta l'isola mi ha svelato una faccia molto selvaggia, aspra e drammatica. Complici senz'altro anche le differenti condizioni meteo trovate: nel 2007, cinque giorni di fine aprile di eccezionale bel tempo; quest'anno cinque giorni a cavallo tra luglio e agosto di tempo variabile tendente al brutto, cioè il classico tempo irlandese. Solo che in Irlanda, quando si passa alla modalità "sunny", par di assistere all'accensione delle luci in un presepio, da quanto i colori di colpo passino da un indistinto e monotono grigiore a verdi così brillanti da sfiorare la fosforescenza (di qui la felice definizione di "isola smeralda"). Ad ogni modo, grazie ad ampie schiarite al momento giusto e grazie ad un'auto noleggiata all'aeroporto di Knock, sono riuscita anche stavolta a raggiungere e a godere alcune incantevoli mete naturalistiche a nord e a sud di Sligo, lungo la Ireland's Wild Atlantic Way (video promozionale).


In rosa il percorso fatto


Le tappe

Strandhill, il paradiso dei surfisti
Knockanarea, la collina della regina guerriera
Benbulben, il monte a forma di incudine
Slieve League, le imponenti scogliere
Achill Island: tra cielo, oceano e altissime falesie




Strandhill, il paradiso dei surfisti

Strandhill e, sullo sfondo, il Benbulben
Mio nonno, 82 anni, il più vecchio della comitiva di cinque persone partita dall'aeroporto di Bergamo (gli altri, oltre a me e al mio compagno, erano mia sorella, incinta di cinque mesi, e mia nipote Eva di un anno e mezzo) ha avuto la fortuna di dormire quattro notti in fronte all'oceano, e quando dico in fronte intendo proprio a pochissimi metri dalle onde che si infrangono sui sassi rotondi e levigatissimi della rinomata spiaggia di Strandhill, producendo un suono di rotolio come se stesse arrivando un temporale.
Il nonno infatti era l'unico ospitato nel miniappartamento di uno dei due cugini (noialtri eravamo invece ospitati dalla cugina a una decina scarsa di chilometri da lì, in aperta campagna), dove comunque abbiamo cenato tutti assieme un paio di sere beandoci dalla finestra di magnifici tramonti (qui il tempo migliora sul finire del giorno), con il sole, rosso incandescente su un cielo di un freddo azzurro, che scendeva giusto davanti ai nostri occhi, sparendo velocemente sotto alla linea piatta dell'Atlantico.


Strandhill è il paradiso dei surfisti, che qui arrivano da tutta Irlanda (e non solo) per imparare a reggersi su una tavola e a domare le creste delle onde a ricciolo che si formano costantemente. Soffia perenne infatti un vento che ci costringeva a vestire come se fosse autunno inoltrato nonostante il termometro segnasse 18 gradi. Muniti di tuta integrale per proteggersi dalle fredde acque, entrano in acqua, abbracciando una lunga tavola colorata, persone di tutte le età e di tutte le stazze, alcuni muniti anche di un remo per stare in piedi in equilibrio sul surf, tanto che quando il mare è calmo dalla riva sembrano intenti a spazzarne la superficie.


La potenza dell'oceano è eccitante e commovente se osservata nella reazione di una bambina di 19 mesi che ancora non ha visto il mare e a tratti è ancora incerta nell'equilibrio. Una volta posta lì di fronte, in piedi sul muretto che separa la spiaggia dalla strada, mia nipote si agitava infatti come un direttore d'orchestra, fissando e parlando una lingua ancora tutta sua alle fragorose onde davanti a lei, come posseduta da una musica che io non potevo sentire. Mio nonno - il suo bisnonno - aveva quasi le lacrime agli occhi davanti a quello spettacolo. E io pure.

Strandhill
Il paesaggio a Strandhill è notevole, e forse più gradevole, con la bassa marea, quando l'oceano, ritirandosi di parecchie decine di metri, scopre una spiaggia di sabbia pesante, ben battuta, dove è piacevolissimo camminare a piedi nudi accarezzati dalla spuma delle onde.
Numerosi coloro che portano a spasso il cane, ancora di più quelli che vengono a correre sulla lunga battigia. Come ha fatto il mio compagno la mattina dopo il nostro arrivo, assieme a entrambi i cugini, con bagno finale fra i cavalloni oceanici sotto a minacciose nubi grigio chiaro.

Strandhill è inoltre famosa per i bagni nelle alghe dell'oceano (seaweed baths), che noi abbiamo fatto nel centro specializzato in cui lavora mia cugina, il Voya, che si trova proprio di fronte alla spiaggia. Immerse in una vasca, le alghe rilasciano con l'acqua calda uno speciale olio che rilassa il corpo e nutre la pelle e i capelli, senza peraltro che poi si avverta la necessità di sciacquarsi. 

Il campo da golf di Strandhill visto dalla collina di sabbia
Per una strepitosa vista sopraelevata dell'area circostante, poi, sembra fatta apposta una grossa collina di sabbia disseminata di ciuffi d'erba, pressoché pianeggiante sulla sommità, ma a strapiombo sulla spiaggia. Da lì si possono ammirare l'immensità e la potenza dell'Atlantico, il verde rigoglioso dei prati che arrivano ad un palmo dalla spiaggia, compreso un campo da golf molto frequentato, e le curiose forme dei rilievi che caratterizzano la contea di Sligo: il Benbulben in lontananza, verso nord, e il Knocknarea alle spalle a dividere Strandhill dalla città di Sligo. Sopra a tutto le nuvole, che si rincorrono in un cielo infinito, padrone delle intensità e delle tonalità dei colori della terraferma.

Knocknarea, la collina della regina guerriera

Il Knocknarea visto dalla collina di sabbia di Strandhill
Appena arrivati non lo vedevamo, perché avvolto da nuvole basse. Ma appena è apparso abbiamo voluto salirci sopra, attirati da quel singolare massiccio verde a forma di panettone che domina il paesaggio tra Strandhill e Sligo. Curioso anche il cumulo di pietre in cima, tanto che gli abitanti della zona lo chiamano "the nipple", il capezzolo.
Il secondo giorno siamo quindi saliti sul Knocknarea (pronuncia: Nocnarìa), in realtà più una grossa collina che un monte: alta poco più di 300 metri, per arrivare sulla cima lungo uno dei due percorsi pedonali tracciati c'avremo messo un'oretta scarsa, comprese un paio di soste forzate sotto agli alberi a causa di brevi piovaschi. In realtà sulla sommità siamo andati solo in tre, perché a metà la mamma, la piccola e il nonno non se la sono sentita di intraprendere la parte del sentiero più ripida e scoscesa sebbene tracciata su un morbido terreno erboso.

Il cairn del Knocknarea
Sulla cima abbiamo così potuto constatare da vicino la natura di quel cumulo grigio che si nota dalla pianura: è un cairn a camera non scavato risalente al Neolitico, delle dimensioni di 55 metri di larghezza per 10 di altezza, chiamato ‘Miosgán Medbh’ ("pezzo di burro di Medb"). Nella mitologia celtica, Medb era la regina guerriera della locale provincia di Connacht e la leggenda narra che sia stata seppellita in piedi vestita da battaglia e diretta verso nord in contrapposizione ai suoi nemici dell'Ulster. E la tradizione vuole che quando una persona comincia a scalare a piedi il Knocknarea prenda un sassetto per riporlo sul cairn ed esprimere un desiderio.
Notevole da lassù, com'era facilmente intuibile, la vista sull'oceano, sulla frastagliata costa, sui prati pianeggianti (o al massimo lievemente ondulati), sulle dolci colline e sugli specchi d'acqua dei laghi.


Il Benbulben
A contendere al Knocknarea la palma di rilievo più singolare della zona è il Benbulben. Anche questo viene comunemente chiamato montagna, in realtà è alto appena 530 metri sul livello del mare. Il fatto è che si erge improvvisamente a ridosso dell'oceano con una forma a incudine rovesciata, che lo fa sembrare più alto e imponente di quanto non sia. Certo, lo si nota fin da lontano, tanto che noi stessi, il giorno seguente, dopo averlo lasciato sulla destra dirigendoci a nord, lo distinguevamo agevolmente fin dalle Slieave League nel Donegal, a chilometri e chilometri di distanza.
Per la sua posizione e conformazione, il Benbulben è stato foriero di miti e leggende, e ha ispirato lo stesso poeta irlandese William Butler Yeats, che addirittura lasciò scritto di esservi seppellito. E infatti la sua tomba si trova alle pendici del monte, a Drumcliffm, lungo la Wild Atlantic Way.    

Slieve League, le imponenti scogliere

Le Slieve League con "Il tavolo e la sedia del gigante" 
Se mi è concesso di vedere un koala aggrappato ad un immaginario tronco nella forma dell'isola irlandese, allora la scogliera di Slieve League è sulla punta del naso. 
Da Sligo sono circa 120 chilometri e un paio d'ore buone di auto lungo strade piuttosto scorrevoli per lo standard irlandese (le banchine laterali qui non esistono, la carreggiata è sempre troppo stretta e i limiti di velocità fin troppo larghi di manica). Le scogliere si trovano nella parte meridionale della contea d'Irlanda più a nord, il Donegal (pronuncia: Donigòl), nella provincia dell'Ulster, e vi si arriva attraversando il piccolo lembo di terra largo circa 10 chilometri che collega la contea al resto della Repubblica d'Irlanda (al di là l'Irlanda del Nord).
Le case, qui, sono grandi, belle e curatissime, a testimonianza, evidentemente, di un tenore di vita piuttosto alto. Al di là però delle recinzioni in legno che delimitano gli ampi cortili (quasi tutti con issata una bandiera giallo-verde del Donegal e alcuni popolati da pecore dalla testa nera), il paesaggio si fa estremamente più selvaggio che nella contea di Sligo. Del resto, lo stesso slogan della campagna pubblicitaria turistica del territorio recita "Up here it's different" ("quassù è diverso"). Anche la lingua: i cartelli stradali, per dire, sono o solo in gaelico o al massimo bilingui. Questa infatti è una delle zone Gaeltacht dell'isola, dove più alta è la percentuale di persone che parlano fluentemente l'antico idioma gaelico.  

Le Slieve League
Ad ogni modo, sembrava che più ci avvicinavamo alle Slieve League, più queste non volessero farsi vedere. E pensare che col sereno ne percepivamo l'imponenza fin da Strandhill. Colpa della frastagliata costa occidentale irlandese, che ne nasconde le falesie fino all'ultimo, per poi lasciarti senza fiato quando di colpo ci arrivi ad un palmo dal naso nel belvedere di Bunglass.
Molti ritengono le Slieve League le scogliere più alte d'Europa. Ma dipende da cosa s'intende: certo si difendono bene se si considerano le scogliere che finiscono in mare aperto. Tant'è che sono alte tre volte le celeberrime Cliffs of Moher, irlandesi pure loro: 600 metri contro poco più di 200.
Se invece si includono anche le scogliere che finiscono a strapiombo ad esempio in siti più angusti come i fiordi, allora la più alta si trova in Norvegia (Hornelen, 860 metri), dove pure si trova il famoso Preikestolen con i suoi 604 metri d'altezza. Ma le Slieve League sono superate in altezza addirittura da un'altra stessa scogliera irlandese a picco sull'oceano, e sulla cui cima sono stata il giorno dopo: Croaghaun, nell'isola di Achill (668 metri).

Primato o non primato, sta di fatto che le Slieve League, 6 chilometri di estensione e 600 metri d'altezza di una montagna che si getta di brutto in mare, regalano un'emozione unica, esaltata dall'ultimo tratto di strada che è necessario percorrere per arrivarci. Poco segnalate, le alte scogliere del Donegal si raggiungono infatti svoltando a sinistra nel villaggio di Carrick e superando l'abitato di Ti Linn, dove al ritorno ci siamo fermati lungo la strada a mangiare nella caratteristica caffetteria Illy, che fa anche da centro culturale sulle Slieve League, con annesso negozio di articoli artigianali e abiti in lana e tweed.  

Va detto comunque che per la svolta a sinistra all'altezza di Carrick va prestata attenzione, perché noi, per dire, al primo colpo l'abbiamo mancata. Sarà stato un caso, ma qui c'era un tale caos di trattori e auto parcheggiate ovunque lungo la strada, che era già tanto se non perdevamo la lucidità nel mantenere la guida a destra. Fatto sta che prima di renderci conto di aver sbagliato strada, siamo finiti alcuni chilometri avanti, in salita, nel mezzo di un altopiano di infinita desolazione e bellezza allo stesso tempo, con poche, piccole case bianche sparse in lontananza, che sembravano appoggiate lì per coreografia. Quasi un peccato ad un incrocio esserci resi conto che eravamo andati oltre, e col senno di poi scommetto che eravamo nel versante nord della montagna che dall'altra parte forma le scogliere che si buttano precipitosamente in acqua.

Precipizio alle Slieve League
Prima di giungere al belvedere di Bunglass, si arriva comunque ad un parcheggio, dove i camper devono necessariamente fermarsi, mentre le auto possono proseguire oltre un cancello in ferro, con l'avvertenza di dare la precedenza a persone e animali. Noi, con a bordo una donna incinta, una bimba di appena un anno e mezzo e il suo bisnonno, non avevamo scelta, così abbiamo proseguito senza indugio verso Bunglass, prestando la massima attenzione lungo la via che si faceva sempre più stretta, ripida, scoscesa e disseminata di curve e controcurve, al punto che a tratti procedevamo con la prima marcia, impegnati in pendenze da brivido che ad un tratto ci facevano vedere solo cielo e poi, improvvisamente, solo mare.
Sani e salvi, siamo giunti a destinazione e stranamente non c'era quasi vento, anzi, il tempo si era sistemato. Così abbiamo potuto ammirare le scogliere di Slieve League ergersi in tutta la loro maestosità di fronte alla distesa infinita dell'oceano, in quel momento coperto da un cielo azzurro affollato di grosse nuvole bianche. 
L'impatto con la bellezza selvaggia del posto è notevole. Tutto è ciclopico. Pure due grossi scogli che emergono dalle acque ai piedi della scogliera vengono chiamati "The Giant's desk and table" (il tavolo e la sedia del gigante) per via della loro conformazione.  

A me e al mio compagno però non poteva bastare. Se non facciamo un po' di fatica, non riusciamo a gustarci le cose. Quindi abbiamo preso il sentiero Cliffs Walk, che in mezz'oretta poco più, tra infiniti cespuglietti di erica viola, ti porta fino in cima, regalando scorci mozzafiato a picco sull'oceano, con incantevoli mezzelune di spiaggia laggiù in basso fra le falesie, accarezzate ritmicamente dalla bianca spuma delle onde, calme quel giorno.

Sulla cima non ho potuto fare a meno di pensare che in Italia - e in molti altri posti - un sito di tale straordinaria bellezza verrebbe sfruttato turisticamente, nel bene e nel male. Pensiero che ho peraltro fatto anche il giorno dopo ad Achill Island. Innanzitutto non ci sarebbe il parcheggio che porta le persone fin lì sotto al belvedere: dall'alto in effetti la visuale ne farebbe volentieri a meno. O, se anche ci fosse, verrebbe fatto pagare caro. Tuttavia ci sarebbero senz'altro più chioschi e più bancarelle, invece dei due soli presenti (uno di gelato artigianale e l'altro di maglioni di lana tipica irlandese). Sarei insomma curiosa di tornare fra 15-20 anni e vedere se sarà ancora tutto così o se il turismo di massa avrà scoperto anche questo angolo d'Irlanda, rendendo tutto più caotico e annullando l'intimo legame con la natura che ancora qui è possibile provare. 

Achill Island: tra cielo, oceano e altissime falesie

Le paludi del Ballycroy National Park
L'ultimo giorno pieno del nostro viaggio è stato dedicato alla più grande isola… dell'isola d'Irlanda, Achill Island, nella contea del Mayo. Accompagnati da mio cugino e sua moglie irlandese, per raggiungerla c'abbiamo messo un'infinità di tempo: invece di due orette e mezza per circa 150 chilometri, ne abbiamo percorsi 200 in quasi quattro ore, a causa di un paio di soste, di cui una per comprarci qualcosa da mangiare là, al sacco, ma soprattutto a causa di una strada sbagliata che alla fine ci ha comunque portato a percorrerne un'altra lungo la costa e a ridosso del Ballycroy National Park, una della aree paludose più vaste d'europa, circondata da modesti rilievi ondulati e di cui è impossibile non subire il fascino.

Peccato poi aver saputo troppo tardi dai ragazzi irlandesi che abbiamo trovato ad Achill che avevamo necessariamente attraversato il Musical bridge di Bellacorrick. Purtroppo non abbiamo quindi potuto sperimentare di persona l'effetto xilofono che producono i lastroni in pietra del parapetto quando vi si fa scorrere sopra un sasso (video). 

Spiaggia di Keem
Ad Achill Island si arriva attraversando un breve ponte e noi abbiamo poi percorso tutta l'isola di quasi 150 metri quadrati fino alla punta estrema che si protende nell'Atlantico. Prima piatta, per un lungo tratto a livello mare, poi in salita lungo il pendio, la strada è stata una goduria per gli occhi: innanzitutto, abituati come siamo a vederle sulle colline e sulle montagne, le pecore qui sembrano un'altra razza di animale, semplicemente perché in assenza di prospettiva nella pianura piatta come l'olio pare che camminino sul mare che in realtà fa da sfondo. Man mano che si sale, poi, sembra di volare sull'oceano, che svela piano piano alcune isolotti minori. Non solo: si cominciano a intravedere spiagge lunghissime e chiarissime, bagnate da acque striate di blu e smeraldo, da cui partono i rilievi che caratterizzano l'isola.    

Spiaggia di Keem
Abbiamo così raggiunto la baia di Keem, dove si trova la più remota spiaggia accessibile in auto e dove dalla sera prima si era accampata liberamente una dozzina abbondante di amici irlandesi di mio cugino, con tende e fornelli da campo, su un fazzoletto di prato pianeggiante ricoperto di felci (completamente calpestate, sigh) grande quanto l'area giorno del mio bicamere.

Il posto è straordinariamente bello. C'è poco altro da aggiungere, se non che l'ampia spiaggia, di una sabbia finissima e ricca di granelli brillantinati, è sulla punta di una lingua di oceano che si infila tra due alte montagne, di cui una rotondeggiante, lo Slievemore (671 metri), simile a molte altre montagne viste in Norvegia, e una invece, il Croaghuan (688 metri), che sale a punta dalla parte di Keem, per poi interrompersi e creare così sul versante opposto le scogliere più alte delle isole britanniche. 
Le scogliere del monte Croaghuan
Io le ho viste, e dall'alto, perché dopo aver fatto un'irish breakfast da campo alle 4 del pomeriggio - con salsiccia, fagioli e uovo all'occhio di bue, il tutto racchiuso tra due spesse fette di pane, più una Guiness in lattina, tiepida (orrore!) -, per non morire sul colpo, ho sentito l'esigenza di risalire quel ripido pendio ricoperto di erica della più alta vetta dell'isola, immaginando l'impareggiabile vista che avrei potuto godere da lassù. E così è stato. Tanto che la vista sulla spiaggia e la costa dell'isola sembrava quella da un satellite. Quanto alle scogliere, arrivare fin lassù e rimirarle dall'alto in basso, e in profondità, fino alla punta di Achill Head, dà la sensazione per un attimo di essere sul tetto del mondo. 


Ps: http://www.donegalnow.com/article/11144

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